Cosa serve alla Difesa italiana secondo il generale Vecciarelli - EVENTI NEWS

giovedì 19 novembre 2020

Cosa serve alla Difesa italiana secondo il generale Vecciarelli


vecciarelli

Cosa ha detto il generale Enzo Vecciarelli, capo di Stato maggiore della Difesa, sentito in commissione Difesa di Camera e Senato per presentare il Dpp 2020-2022

“Insufficienti le risorse assegnate alla difesa”.

È quanto ha ribadito il capo di Stato maggiore della Difesa, generale Enzo Vecciarelli, in audizione presso le Commissioni riunite Difesa di Camera e Senato per illustrare il Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2020-2022.

Al momento il rapporto budget difesa/Pil si attesta all’1,21% in Italia, lontano dal 2% auspicato dalla Nato e dall’1,58% della media dei Paesi europei.

Senza dimenticare che il Mediterraneo di oggi è divenuta un’area multivettoriale a complessità crescente.

“Per questo, mai come ora, è necessaria una profonda revisione dello strumento militare” ha sottolineato il direttore di Rid Pietro Batacchi, commentando l’audizione di Vecciarelli.

Tutti i dettagli.

IL BILANCIO ORDINARIO DELLA DIFESA

“Il bilancio ordinario della Difesa ammonta a 22,9 miliardi di euro, volume che, sottratta la funzione sicurezza del territorio assolta dall’Arma dei carabinieri, si riduce a 15,3 miliardi di euro” ha spiegato Vecciarelli. “Ripartiti nei classici settori di spesa: personale (10,36 miliardi), esercizio (2,14 miliardi), l’investimento (2,81 miliardi)”.

“In ottica di bilancio integrato a questi volumi si associano le risorse del Mise e il finanziamento delle missioni internazionali di pace che mitigano in parte le criticità di bilancio, portando il totale delle risorse effettivamente disponibili per l’approntamento dello strumento militare a circa 20 miliardi di euro. Ripartiti tra personale (11,3 miliardi), esercizio (2,9 miliardi) e quest’anno 5,8 miliardi di euro per l’investimento”.

L’IMPEGNO NELLA NATO

Con le risorse allocate per il triennio, l’Italia è ancora lontana dall’obiettivo del 2% del Pil destinato alla Difesa stabilito dalla Nato.

“Nel documento viene colta anche l’opportunità di declinare il bilancio della Difesa in chiave Nato, con un chiaro riferimento agli impegni assunti nell’ambito dell’alleanza atlantica e che tuttora evidenziano un disallineamento significativo tra l’obiettivo del 2% in termini di rapporto budget Difesa/Pil rispetto all’ultima rilevazione ufficiale a chiusura dell’esercizio dell’anno 2019 che si attesta all’1,21%”. Ha sottolineato il capo di Smd.

RISORSE INSUFFICIENTI

“A fronte dell’attuale minaccia alla sicurezza globale e dell’incremento di crisi e conflitti nelle aree di diretto interesse del nostro Paese lo stato di salute dello strumento militare e il correlato livello di prontezza, efficienza e interoperabilità, presentano oggi significative criticità generali con conseguenti riflessi sull’efficacia complessiva”.

Per Vecciarelli “si tratta di problematiche organizzative, di disponibilità di personale, ma soprattutto di inadeguatezza dei mezzi e dei sistemi a disposizione. L’insufficienza delle risorse complessivamente assegnate alla Difesa determina uno sbilanciamento nella ripartizione della spesa a detrimento di settori funzionali all’operatività”.

NECESSARIA UNA PIANIFICAZIONE DI GARANZIA

“Occorre pertanto effettuare scelte oculate che mettano a frutto le limitare risorse disponibili, dando un decisivo impulso all’integrazione delle forze armate”. Pertanto, per la pianificazione dello strumento militare il capo Smd si è confrontato con il Modello operativo integrato di riferimento (Moir), che “oggi alla luce dell’attuale quadro finanziario disponibile risulta incompatibile”. Infatti, sotto il profilo finanziario, tale modello necessitava “140 miliardi di euro aggiuntivi all’ordinario bilancio in quindici anni”.

Vista la situazione economica, la Difesa ha riallineato l’obiettivo di budget della difesa a quello degli altri paesi membri della Nato pari all’1,58% del Pil. Ed ecco che si è privilegiata allora una “pianificazione di garanzia” basata su “una privilegiata visione integrata interforze”.

RIORIENTAMENTO DELLA SPESA

“Irrealistico il raggiungimento nel breve termine dell’obiettivo del 2% nel rapporto budget/Pil — ha sottolineato il generale — è essenziale che la Difesa operi un cambio di paradigma, funzionale a mantenere una adeguata rilevanza del Paese nell’attuale quadro geo-strategico, attraverso un riorientamento della spesa”.

AVVIATE 40 IMPRESE MAGGIORI

“Nel triennio 2020/2022 saranno avviate 40 imprese maggiori, utilizzando sia le risorse arrecate dai capitoli a fabbisogno del bilancio ordinario della Difesa sia quella dei fondi di investimento”. “Classificati — ha spiegato il generale Vecciarelli — in programmi finanziati, ossia già operanti, e in ulteriori esigenze da finanziare”.

INVESTIMENTI NEI DOMINI CYBER E SPAZIO

Considerato il contesto contemporaneo in tumultuosa trasformazione tecnologica, “già nel prossimo futuro si dovrà operare attraverso strutture organizzative più snelle, sinergiche, efficientate da metodologie di lavoro reticolari, adottando processi operativi più agili”.

“Abbiamo avviato un Comando operazioni spaziali senza alcun investimento, questa rappresenta una grande lacuna. Se pensiamo che la Francia ha messo 4 miliardi di euro e gli Usa 20 miliardi di dollari. Si tratta di un settore in cui l’Italia non può perdere tempo”.

Il generale ha quindi ribadito l’importanza di “investimenti urgenti nei nuovi domini cyber spazio, nella robotica, nei big data nell’intelligenza artificiali. Settori di prioritario potenziamento che si intende perseguire senza ritardo”.

NECESSARIO UN NUOVO COMANDO OPERATIVO

Per una strategia della difesa sempre più integrata, “nel giro di un paio di anni verrà realizzato un nuovo Comando operativo con la funzione di fondere tutte le informazioni che arrivano dai cinque domini e integrarle anche con il mondo esterno.”

UN’ALTRA LEGGE NAVALE?

Infine, alla senatrice Pucciarelli (Lega) che ha chiesto se è replicabile il modello della legge navale del 2014, il generale Vecciarelli ha risposto “di allocare i fondi per la difesa” piuttosto che promulgare una legge per la singola forza armata.

“La legge navale è stata lungimirante e ha salvato la Marina in un momento di crisi accentuato” ha precisato Vecciarelli. “Se avessimo dei bilanci cospicui si potrebbe prevedere anche delle leggi specifiche di settore. Nel frattempo, dall’analisi del settore, è emerso che delle tre forze armate quella che avrebbe bisogno di una legge ad hoc è l’esercito, non certo la marina, né l’aeronautica”.

CRITICITÀ CRESCENTI NEL MEDITERRANEO

Per Vecciarelli “i risultati nel tempo conseguiti dalla nostra peculiare capacità di mediare efficacemente nell’area mediterranea sono stati intaccati nell’ultimo periodo da un ampio numero di competitor internazionali”.

Quest’ultimi infatti, “decisi a riconquistare posizioni e ruoli di riferimento nelle aree tradizionalmente di nostra privilegiata influenza, hanno quasi ribaltato la partita che ci vedeva in netto vantaggio nei rapporti bilaterali coi paesi di quella parte del mondo”.

In particolare il Mediterraneo di oggi è divenuta un’area multivettoriale a complessità crescente, dove la competizione tra stati è più marcata, destando giustificata preoccupazione.

NECESSARIA UNA RIFORMA DELLA DIFESA

“Per questo, mai come ora, ovvero in un contesto internazionale caratterizzato sempre più da “super-competizione” e scenari cosiddetti “peer” o near-peer”, ha commentato sulle colonne di Rid, il direttore Pietro Batacchi, “è necessaria una profonda revisione dello strumento militare”.

Secondo Batacchi la riforma della difesa dovrebbe ricomprendere tra le altre cose: “trasformazione del Consiglio Supremo di Difesa in Consiglio Nazionale di Sicurezza; elaborazione di una strategia nazionale di sicurezza da parte del Governo; svecchiamento degli organici e creazione di una Riserva operativa da impiegare nei teatri esteri a bassa intensità e per le emergenze sul territorio nazionale; rimodulazione della componente operativa dell’Esercito; legge pluriennale sugli investimenti per dare certezza al procurement ed alla pianificazione da parte delle aziende”.

LA QUESTIONE DEGLI F-35B TRA AM E MM

Secondo il direttore di Rid, la riforma della difesa dovrebbe comprendere anche “sinergie a livello interforze su alcune capacità, in particolare per ciò che concerne la componente F-35B”.

Ricordiamo infatti che in Italia è scontro tra Aeronautica e Marina per l’assegnazione degli F-35B destinati al nostro paese.

Per Batacchi, “tale componente dovrebbe essere basata su una sola base (Amendola), in modo tale da mettere a fattor comune supporto logistico, training virtuale e dottrine operative, e disporre di 30 velivoli (15 della MM e 15 dell’AM) con comando a rotazione tra AM ed MM. Allo stesso tempo i 15 velivoli dell’AM dovrebbero poter operare sulle 2 portaereomobili della Marina, con piloti addestrati e qualificati di conseguenza, mentre i 15 velivoli della MM dovrebbero “andare” a terra qualora le circostanze lo richiedano. In casi di contingenza ad alta intensità, dunque, potremo avere una ventina di F-35B capaci di operare tanto da “piste corte” ed eliporti, quanto dalle 2 portaeromobili”.

NO ALL’AUMENTO DEGLI ORGANICI

In conclusione, Batacchi non condivide ” l’idea che si sta affermando di derogare alla Di Paola e aumentare gli organici. Questo non farebbe altro che incrementare ancora le spese per il personale e sbilanciare ulteriormente il bilancio della Difesa. Non ne abbiamo bisogno. Ciò che è necessario, invece, è una rimodulazione della componente operativa, in particolare dell’Esercito, e la creazione di una vera Riserva spendibile nei teatri a bassa intensità e sul territorio nazionale”.

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