Che cosa succederà nelle politiche energetiche Usa dopo l’elezione di Biden? Fatti e approfondimenti con gli sbuffi interni ai Dem
Gli ambientalisti sono entusiasti della vittoria di Joe Biden su Donald Trump. E ciò è facilmente interpretabile con il preannunciato cambio di prospettiva Usa sulle tematiche ambientali, a cominciare da un rientro, già comunicato dal presidente eletto, negli Accordi di Parigi. Tuttavia, le tensioni a sinistra potrebbero presto venire a galla quando Biden inizierà a realizzare concretamente il suo programma energetico.
LA RESA DEI CONTI DEM
“I democratici e la sinistra in generale sono nel bel mezzo di una resa dei conti pubblica su quanto dovrebbero essere progressiste le posizioni e il messaggio del partito – si legge su Axios -. Malgrado le elezioni consegnino a Biden una vittoria considerevole, i Democratici non sono riusciti a riprendere il Senato (a meno che entrambi i ballottaggi della Georgia non vadano a loro favore), mentre la loro maggioranza alla Camera si è ridotta”.
Come evidenzia The Atlantic “per i democratici, questa elezione è stata un esercizio per mettere da parte le differenze a sostegno di un obiettivo più ampio: porre fine al regno di Donald Trump. Ora che questo obiettivo è stato raggiunto, la tregua dei Democratici è finita”.
BIDEN GIA’ COINVOLTO NEL CONFLITTO DEM SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI
“Biden è già coinvolto nel conflitto dem sulla distanza da percorrere nella lotta al cambiamento climatico”, riferisce il Washington Examiner. “I centristi sostengono che Biden deve il suo successo alla riconquista degli elettori negli stati industriali del Midwest e incolpano posizioni liberali come il Green New Deal e il divieto del fracking per aver perso seggi alla Camera nei distretti inclini al GOP”. Nel frattempo “ambientalisti e liberali hanno affermato che i giovani elettori hanno consegnato a Biden un ‘mandato sul clima’ e minacciano di rivoltarsi contro di lui se non dovesse essere rispettato”.
I PUNTI CRITICI DELLA PIATTAFORMA BIDEN CHE POTREBBERO INFIAMMARE LE SINISTRA USA
Insomma, a quanto pare, Biden ha una piattaforma politica nell’ambito del suo obiettivo generale di raggiungere le emissioni nette zero degli Stati Uniti entro il 2050, che possono presentare diversi punti critici. Secondo Axios, il primo punto è quello della selezione del personale: “Gruppi di attivisti come 350.org e Oil Change non vogliono che Biden scelga chi ha lavorato o è anche indirettamente associato a interessi sui combustibili fossili ai ruoli principali. Ed è uno sforzo che va ben oltre i semplici segretari di gabinetto. ‘Penso che tutti siano fissati sul governo per ovvie ragioni, ma anche le persone al di sotto sono davvero importanti, ha detto Julian Brave NoiseCat, uno dei migliori strateghi del think tank progressista Data for Progress”.
Il secondo punto dolente riguarda l’estrazione di petrolio e gas: “La promessa di Biden di porre fine alle autorizzazioni sulle terre federali è piuttosto ampia e piuttosto vaga”.
Poi c’è la questione del Congresso: “Non c’è alcuna possibilità di far passare una legge sul clima radicale a meno che i Democratici non prendano il Senato, ma cercano di sforzarsi per includere investimenti legati all’energia pulita in un pacchetto di ripresa economica. La forma di un potenziale compromesso, specialmente su argomenti come il supporto per la cattura del carbonio e l’energia nucleare, è qualcosa da tenere d’occhio”. Non solo. “Se i democratici in qualche modo vincono entrambi i ballottaggi della Georgia e rivendicano una piccola maggioranza, ciò potrebbe aprire la prima finestra per una legislazione importante sul clima in un decennio, con tutti i tipi di interessi da bilanciare”.
Infine, le esportazioni di Gnl: “La posizione di Biden sarà di supporto? Sia l’amministrazione Obama che l’amministrazione Trump hanno visto le esportazioni di gas naturale liquefatto come un’importante fonte di leva degli Stati Uniti verso l’Europa, mentre la sinistra si oppone al settore”.
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