Trasporto pubblico locale, che cosa non va in Italia. Report - EVENTI NEWS

giovedì 19 novembre 2020

Trasporto pubblico locale, che cosa non va in Italia. Report

 


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Trasporto pubblico locale: fatti, numeri, analisi e suggerimenti. L’intervento di Marco Foti

 

Secondo uno studio realizzato da Legambiente Lazio, a Roma ci sono meno tram e metro rispetto ad altre città metropolitane italiane se proporzionate alla popolazione, mentre aumentano le autovetture, in questo particolare periodo utilizzate in modo massiccio dagli italiani e non soltanto dai romani.

Tra il 2015 e il 2019, lo studio evidenzia il crollo della fiducia dei passeggeri con il 23% in meno di servizi di  Tpl, mentre è aumentata la quantità di automobili (+17 mila immatricolate tra il 2015 ed il 2019). Si è ridotta la velocità commerciale di metro e tram ed in modo significativo quella di bus e filobus. Insomma, il Tpl a Roma non è messo bene.

In merito alla crescita delle autovetture il dato è confermato dallo Studio sulla mobilità condivisa nelle città italiane della Fondazione Caracciolo: “la paura del Covid spinge gli italiani verso un uso ancora più intenso dell’automobile privata, che costa mediamente circa 4 mila euro l’anno tra acquisto, carburante, tasse e spese di esercizio”. Secondo lo studio ogni spostamento urbano costa mediamente 4,5 euro in scooter sharing, 7,2 euro con un’auto condivisa e 11,9 euro in taxi.

Senza alternative adeguate offerte dal sistema di trasporto pubblico le famiglie vedono crescere sempre di più la spesa per gli spostamenti effettuati in modalità condivisa (sharing). Confrontando i costi di spostamento tra chi si muove esclusivamente con l’auto propria e chi invece in forma plurimodale con autobus, mobilità condivisa e taxi, lo studio della Fondazione Caracciolo evidenzia che l’automobile di proprietà risulta meno cara solo per chi percorre, complessivamente in ambito urbano ed extraurbano, più di 8.000 km ogni anno.

Tali evidenze si confermano ancora di più nel periodico studio Ecosistema Urbano 2020, il report annuale sulle performance ambientali dei capoluoghi italiani realizzato da Legambiente in collaborazione con Ambiente Italia e Il Sole 24 ore.

In sostanza c’è un’Italia a due velocità: la prima più dinamica e attenta alle nuove scelte urbanistiche ed ai servizi di mobilità, la seconda con un andamento troppo “lento” nelle performance ambientali delle metropoli soprattutto sul fronte trasporti.

Lo studio individua le città di Trento, Mantova, Pordenone, Bolzano e Reggio Emilia in vetta alla classifica generale di Ecosistema Urbano 2020 che si basa sui dati comunali relativi al 2019, quindi ad un contesto pre-pandemia. In fondo alla classifica lo studio colloca le città di Pescara (102esima), Palermo (103esima) e Vibo Valentia (104esima).

Tra le grandi città, dove nel complesso si registra un andamento lento nelle performance ambientali legate soprattutto ai trasporti, si conferma la crescita di Milano (29esima) sempre più attenta alla vivibilità urbana.

I dati di Ecosistema Urbano lasciano emergere come i centri urbani devono essere il fulcro della ripartenza post Covid. Tuttavia è interessante rilevare che non tutte le città sono propense al cambiamento, per oggettive difficoltà, mentre altre mettono al centro del proprio agire l’aumento dello spazio urbano dedicato, ad esempio, alla mobilità dolce come Reggio Emilia o Mantova.

Ma quali sono le considerazioni che dobbiamo trarre da questi approfondimenti?

Senza dubbio il tema centrale è orientato al Tpl.

In questo momento il Tpl è sotto la lente di ingrandimento, sconta le inerzie dovute a decenni di abbandono.

Il Mit ha intrapreso un efficientamento ma non basta, deve avere il coraggio di avviare un percorso serio di riorganizzazione generale del trasporto pubblico in Italia, lasciato per troppo tempo a se stesso ed in balia degli eventi che caratterizzano il territorio nazionale.

Sono finiti i tempi in cui “si deve mettere una pezza” per riparare al danno subito. Occorre una visione strategica dell’intero sistema. La pandemia probabilmente cambierà radicalmente le abitudini degli spostamenti, la domanda di mobilità subirà una significativa alterazione.

È giunto il momento di intervenire in modo strutturale e coordinato fornendo linee guida alle regioni ferme e certe per una pronta ripartenza, supportate da misure economiche adeguate alla situazione.

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