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lunedì 17 gennaio 2022

 

Covid: come cambia il rischio di contagio se parlo, tossisco o starnutisco

Un modello matematico è in grado di stimare il rischio di infezione in funzione della distanza interpersonale, della temperatura e umidità dell'ambiente, e dei tipi di evento respiratorio (parlare, tossire o starnutire), con o senza mascherina

Le goccioline rilasciate mentre parliamo, tossiamo o starnutiamo, svolgono un ruolo fondamentale nella trasmissione di malattie respiratorie, come il SARS-CoV-2, da un individuo infetto a uno sano. Tra le misure di prevenzione anti-contagio c’è la raccomandazione, e in molti casi, l’obbligo, come prevede l’ultimo decreto anti-Covid, di indossare la mascherina Ffp2 o la chirurgica. Ma come cambia il rischio di contagio se la indossiamo o meno?

Secondo uno studio internazionale del Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova, svolto in collaborazione con la Technische Universität di Vienna, l’Ateneo di Udine e la svedese Chalmers University of Technology, e pubblicato sul Journal of the Royal Society Interface, è possibile quantificare il rischio di contagio in funzione della distanza interpersonale, della temperatura e umidità dell’ambiente, e del tipo di evento respiratorio (parlare, tossire, starnutire), con o senza mascherina. Partendo dalla Teoria di Wells, su cui si basano le attuali regole di distanziamento, i ricercatori hanno sviluppato un nuovo modello matematico in grado di calcolare la traiettoria che percorrono le goccioline espulse durante le attività respiratorie, e stimare come cambia il rischio di contagio respiratorio diretto.

La Teoria di Welles

Le regole di distanziamento, raccomandate da inizio pandemia per prevenire il contagio, si basano principalmente sullo studio proposto da Welles nel 1934, secondo cui il vettore del virus sono le goccioline di saliva emesse mentre respiriamo. Il team di ricerca coordinato dall’Università di Padova, ha revisionato tale teoria alla luce delle più recenti conoscenze sugli spray respiratori ed ha delineato un nuovo modello matematico capace di quantificare il rischio di contagio respiratorio diretto.

"La pandemia di Covid-19 ha evidenziato l'importanza di modellare accuratamente la trasmissione virale operata da goccioline salivari emesse da individui infetti durante eventi respiratori come parlare, tossire e starnutire. Nel nostro lavoro - ha dichiarato Francesco Picano, professore del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell'Università di Padova - abbiamo revisionato le teorie esistenti utilizzando le più recenti conoscenze sugli spray respiratori arrivando a definire un nuovo modello per quantificare il rischio di contagio respiratorio diretto”.

La traiettoria delle goccioline salivari

Una volta emesse dalla bocca, le goccioline salivari vengono spinte dall'aria espirata verso l’esterno, evaporando, depositandosi o restando sospese. Mentre quelle più grandi e pesanti (ballistics droplets) - hanno spiegato i ricercatori - cadono prima di evaporare, mostrando un moto balistico (partono con una certa velocità iniziale ed un certo angolo e poi percorrono una traiettoria parabolica sotto l'azione della sola accelerazione di gravità), le più piccole evaporano prima di cadere e tendono ad essere trasportate dall’aria airborne droplets). A queste traiettorie, i ricercatori hanno applicato il nuovo modello matematico, da loro elaborato, per la stima del rischio di contagio in funzione di alcune variabili: distanza interpersonale, condizioni ambientali di temperatura e umidità, tipi di evento respiratorio considerato (parlare, tossire o starnutire), utilizzo o meno delle mascherine.

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Senza mascherina il rischio di contagio arriva fino a 7 metri

Dall’applicazione del modello matematico, è emerso che se si parla senza mascherina, in un ambiente particolarmente umido, le goccioline infette possono raggiungere oltre 1 metro, se si fa un colpo di tosse possono raggiungere fino a 3 metri, se si starnutisce fino a 7 metri. Se, invece si indossano le mascherine chirurgiche o Ffp2, il rischio di contagio diventa praticamente trascurabile sia che si parli, sia che si tossica sia che si starnutisca. Da questi risultati si deduce che non può esistere una distanza di sicurezza "universale” perché questa dipende dalle variabili: condizioni ambientali, carica virale e tipo di evento respiratorio.

Ad esempio, considerando un colpo di tosse (con media carica virale) si può avere un alto rischio di contagio entro i 2 metri in condizioni di umidità relativa media, mentre diventano 3 con alta umidità relativa, sempre senza mascherina. Considerando, invece, l'atto respiratorio più violento (lo starnuto), le goccioline possono raggiungere una distanza di quasi 7 metri. Se emesse parlando, le goccioline possono raggiungere una distanza leggermente superiore a 1 m.  “Nel complesso - hanno dichiarato i ricercatori - le nostre stime del modello indicano che le goccioline respiratorie possono raggiungere una distanza massima compresa tra 5 e 7 m quando si starnutisce, 3-4 m quando si tossisce e ≃1 m quando si parla”.

La mascherina abbatte il rischio di contagio

L'utilizzo della mascherina, soprattutto la Ffp2, si è dimostrata, come hanno confermato anche altri studi, un eccellente strumento di protezione abbattendo il rischio di contagio che diventa trascurabile già a brevi distanze (circa 1 mt), indipendentemente dalle condizioni ambientali o dall'evento respiratorio considerato. "Le indicazioni mediche che stiamo seguendo - ha detto Alfredo Soldati, ordinario di fluidodinamica dell'Università di Udine e direttore dell'Institute of Fluid Mechanics and Heat Transfer della Technische Universitat di Vienna - sono basate su studi di fluidodinamica del 1940. Stiamo chiudendo le scuole, limitando le capienze dei locali, limitando le distanze tra le persone sulla base di studi del 1940".

"È importante - ha aggiunto Soldati - che ingegneri e fisici si cimentino nello studio di questi fenomeni insieme a biologi e virologi per fornire indicazioni precise che consentano di rilassare le norme quando si può e di rinforzarle quando si deve. Dall'inizio della pandemia la comunità internazionale si è messa al lavoro e ha prodotto in soli due anni un bagaglio di conoscenze basate su sofisticati esperimenti e accurate simulazioni sui moderni supercomputer”.

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