Il punto di Marco Foti sui trasporti dopo il nuovo Dpcm anti Covid
Ci risiamo. L’Italia piomba di nuovo in un lockdown mascherato.
Il presidente del Consiglio, nella conferenza stampa serale, ha annunciato lockdown territoriali ed un coprifuoco nazionale. Questo perché “la situazione è critica, visto che nell’ultimo periodo i contagi sono raddoppiati. Per cui il governo è dovuto intervenire per rallentare la circolazione del virus fino a quando non avremo un vaccino”.
Dopo le nuove misure anti-Covid previste dal Dpcm in vigore da venerdì 6 novembre le società attive sui trasporti agiscono di conseguenza.
Ecco alcuni esempi.
Sistema ferroviario.
Italo dal 10 novembre sospenderà la maggior parte dei servizi giornalieri del suo network, a causa della riduzione della domanda di oltre il 90% sul trasporto di lunga percorrenza in tutta la nazione e della introduzione delle limitazioni riguardanti la mobilità interregionale da e per territori strategici della propria offerta.
Sistema aereo.
Alitalia ha richiesto l’attivazione di Cig per un anno, dal primo novembre di quest’anno sino a settembre del 2021. La richiesta aziendale interessa i dipendenti di Alitalia Sai, 3.339 addetti del personale di volo (458 comandanti, 566 piloti, 2.315 dipendenti del personale navigante di cabina) e 3.283 lavoratori di terra. Per Cityliner, invece, i dipendenti per cui l’azienda chiede l’ammortizzatore sono 206, di cui 204 naviganti (41 comandanti, 58 piloti e 105 assistenti di volo) e 2 dipendenti del personale di terra.
Sistema trasporto pubblico locale.
Secondo l’Osservatorio sulle società partecipate il comparto del Tpl (che ricordiamo essere costituito da 930 aziende e 124 mila addetti) italiano durante il lockdown (quello già trascorso) ha subito un crollo della domanda di mobilità trasportata dell’80%, mentre i ricavi da biglietti e gli abbonamenti si sono ridotti del 74%. Tali percentuali, secondo l’Osservatorio, sono destinate a crescere per la prudenza nel viaggiare con i mezzi pubblici, per la diffusione delle modalità di lavoro in “home working” e per i riflessi collegati alla “convivenza con il virus”. La riduzione dei costi, legata alla limitazione dei servizi, non permetterà di compensare la perdita dei ricavi per l’anno 2020. Ciò richiederà grandi sforzi agli Enti locali soci e, visto lo stato di salute asimmetrico tra Nord e Sud, potrebbe allargare il divario territoriale nella qualità dei servizi pubblici ai cittadini. Questa seconda ondata di lockdown localizzati contribuirà senz’altro a peggiorare le performance di un settore che “vive” del contributo degli Enti, che nella maggior parte dei casi coincidono con la proprietà, e con i ricavi da traffico.
Vi è anche da dire che l’associazione che raggruppa le aziende di Tpl, attraverso il proprio Ufficio Studi, ha già effettuato le simulazioni con una capienza al 50% ed i risultati evidenziano una limitazione di accesso ai servizi di trasporto per circa 275 mila persone al giorno. Da qui la necessità di garantire più mezzi ed un “potenziamento delle corse altrimenti i cittadini continueranno a soffrire disagi”, afferma la presidente della commissione Trasporti della Camera Raffaella Paita.
Ma come è possibile intervenire in modo strutturato in questo difficile momento?
Lo racconta Confindustria nel Rapporto di previsione sull’economia italiana.
Per risollevare l’economia italiana dopo decenni di bassa crescita è necessario portare la dinamica del Pil almeno all’1,5%, il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi globale. A tal fine servirà un incremento medio della produttività del lavoro di quasi un punto percentuale all’anno.
Per ottenere un risultato di questo tipo serve intervenire in modo organico e con determinazione, a partire da una visione chiara dei nodi del mancato sviluppo italiano. Serve, appunto, un cambio di paradigma rispetto agli ultimi decenni, per accrescere strutturalmente il potenziale di crescita dell’economia italiana. Occorre rimuovere i colli di bottiglia che bloccano il Paese da molti anni intervenendo proprio laddove la crescita della produttività è bloccata.
Innanzitutto, rivedendo le modalità con cui vengono tradotte in norme le decisioni pubbliche. Un processo che produce una frammentazione di norme, con regole spesso confuse e difficilmente implementabili da parte di imprese, cittadini e pubbliche amministrazioni. Un processo, inoltre, nel quale è spesso assente una seria valutazione ex-ante delle conseguenze attese della produzione normativa per imprese e cittadini.
Occorre innalzare la qualità dei servizi pubblici e far sì che questi siano offerti in tempi certi e brevi. Coniugare più efficienza con la tutela dei diritti dei cittadini e della concorrenza non solo è possibile, ma è necessario. Gli output della Pubblica amministrazione rappresentano un input produttivo per tutti i settori economici, in Italia come nelle altre economie, e non è immaginabile un innalzamento della produttività del lavoro nell’economia italiana senza servizi pubblici all’avanguardia.
Infine, occorre invertire la tendenza negativa degli investimenti pubblici, i quali da un lato influenzano la crescita come componente di domanda, e dall’altro, una volta realizzati, sono determinanti per la costruzione di capitale fisico, umano e di conoscenza in grado di aumentare la produttività. Occorre puntare sia su infrastrutture tradizionali, sia su più ricerca, digitalizzazione, formazione di capitale umano e sostenibilità ambientale per colmare i divari territoriali.
Un’opportunità unica per programmare un futuro in cui la dinamica del Pil sia più elevata è offerta dagli strumenti introdotti a livello europeo per contrastare l’impatto economico dell’emergenza sanitaria. Oltre alla novità dello Sure e alla linea di credito del Mes, trasformata rispetto al recente passato e che è indispensabile attivare per investire subito nella salute pubblica, con il Next-Generation Eu la risposta è diventata consistente e senza precedenti.
Per l’Italia, l’utilizzo degli strumenti europei, soprattutto il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, costituisce un bivio cruciale: se si riusciranno a utilizzare in modo appropriato le risorse e a potenziarne l’effetto portando avanti riforme troppo a lungo rimaste ferme, allora si sarà imboccata la strada giusta per risalire la china. Altrimenti, l’Italia rimarrà un Paese in declino, che non sarà in grado di ripagare il suo enorme debito pubblico.
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